Produrre energia rinnovabile e risparmiare sulle bollette: questo il principio dell’autoconsumo collettivo, ovvero la comunità energetica condominiale.
Ci sono precisi schemi procedurali da seguire però per attuarlo concretamente.
Pubblicato il 23 gennaio sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il Decreto Mase 414 del 07 dicembre 23 (attuazione dei Dlgs 199/21 e 201/21) stimola la nascita e lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo diffuso in Italia.
Mentre per aziende ed enti pubblici è più semplice mobilitarsi per avviare progetti e realizzazioni, il mondo del condominio, a cui fa capo l’auto consumo collettivo, ha tempi più lunghi e priorità emergenziali più rilevanti, ma verrà sicuramente coinvolto da questa opportunità perché sarà uno dei modi (oltre all’efficientamento energetico) per ridurre le bollette non solo quelle delle parti comuni, ma anche quelle domestiche.
Come funziona?
Le regole per l’autoconsumo collettivo erano già chiare nel 2020 con la legge 8 e si fondavano su un principio base di funzionamento: i condòmini si uniscono per produrre, condividere e consumare l’energia rinnovabile prodotta dall’impianto fotovoltaico realizzato sul tetto.
La prima grande differenza apprezzabile oggi, rispetto a chi decideva prima del 2021 di installare un impianto in copertura per risparmiare sulle spese condominiali,è che l’energia può essere messa a disposizione anche dei singoli condòmini e non più utilizzata solo dai servizi comuni.
Ad aprile 2020 Arera(Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) ha pubblicato sul proprio sito il Documento di consultazione 112/2020/R/eel, che contiene le caratteristiche necessarie per attivare gli schemi di autoconsumo collettivo, individuando due differenti configurazioni per rendere operativo l’impianto generale:
1. Schema di autoconsumo fisico, che prevede una connessione diretta privata tra impianto di generazione e utenze domestiche/comuni, con un unico punto di accesso (POD) alla rete pubblica;
2. Schema di autoconsumo virtuale (detto anche “commerciale” o “su perimetro esteso”) che prevede l’utilizzo della rete pubblica per lo scambio di energia, in questa configurazione ogni utente è normalmente connesso alla rete pubblica tramite un proprio POD e pertanto è mantenuta la libertà da parte di ciascuno
di poter scegliere il proprio fornitore di energia o di uscire dallo schema.
Procedure per l’attuazione
Affinchè sia possibile costituire uno schema di autoconsumo collettivo è necessario che:
• sia installato nel condominio un impianto di produzione da fonti rinnovabili;
• i partecipanti (almeno due) si trovino nello stesso edificio o condominio e la condivisione dell’energia prodotta avvenga attraverso la rete elettrica esistente;
• sull’energia prelevata dalla rete pubblica, compresa quella condivisa, si applichino gli oneri generali di sistema;
• i partecipanti devono mantenere il proprio status di consumatori finali (con relativi diritti, quale ad esempio quello di scegliere liberamente il proprio fornitore di energia) e possono recedere in ogni momento dal contratto che li lega all’autoconsumo collettivo.
Iter condominiale
Per attuare l’autoconsumo collettivo, proceduralmente, la prima figura da coinvolgere è l’amministratore di condominio che dovrà prendere atto delle richieste e indire un’assemblea, in cui verrà illustrato il meccanismo e le procedure da attuare per costituire contrattualmente la comunità condominiale, che presuppone una partecipazione volontaria e una configurazione per un uso della cosa comune sia separato (ciascun utente mantiene la propria connessione alla rete), che singolo (perché deriva dai principi di contabilità interna delle spese). Essendo possibile l’uso separato dell’innovazione, i condòmini contrari sono esonerati dal partecipare alle spese, rinunciando anche ai benefici economici degli incentivi.
L’opera deve intendersi come una innovazione
La costituzione di un autoconsumo collettivo è inquadrabile nell’ambito delle innovazioni (articolo 1120 Codice civile comma 2) e la giurisprudenza consiglia di deliberarla all’unanimità, invece per procedere alla progettazione e realizzazione serve la delibera assembleare con la maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (articolo 1136 comma 2 Codice civile).
La prima delibera dell’assemblea di condominio dovrà prevedere la progettazione dell’impianto da parte di un tecnico, che lo dimensionerà sulla base dei consumi previsti. Dopo l’approvazione in assemblea del progetto, si potrà procedere all’installazione dell’impianto e alla sua registrazione sul portale del Gse.
Le utenze comuni possono essere collegate direttamente all’impianto e l’energia in eccesso viene venduta con un contratto di ritiro dedicato o al libero mercato, mentre quella prodotta dall’impianto e contemporaneamente consumata dagli aderenti, dà diritto agli incentivi del Gse e sarà l’assemblea dei condòmini aderenti che deciderà come usarli.